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Contributo straordinario a impianti di riciclo di rifiuti di alluminio

10 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Il Ministero della Transizione Ecologica ha approvato le modalità e i criteri per il riconoscimento del contributo straordinario in conto esercizio alle società di gestione degli impianti di riciclo dei rifiuti di alluminio che, nell’ultimo anno di crisi pandemica da Covid-19, hanno continuato con difficoltà a operare riportando un calo dei ricavi. Il Decreto di attuazione datato 31 dicembre 2021 è stato pubblicato nella G.U. n. 57 del 9 marzo 2022.

SOGGETTI BENEFICIARI

Possono presentare domanda di concessione del contributo straordinario le società di gestione degli impianti di selezione e di riciclo di rifiuti in alluminio aventi codice CER 150104 e che, alla data di presentazione della domanda, siano in possesso dei seguenti, ulteriori requisiti:
a) risultino regolarmente costituite e iscritte al registro delle imprese e attive;
b) dimostrino, con la dichiarazione dei redditi relativa all’ultimo periodo di imposta, l’ultimo bilancio depositato presso il registro delle imprese e una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata, di aver continuato a operare nonostante la crisi del sistema generata dal calo della domanda di materiale riciclato in conseguenza dell’emergenza determinata dalla diffusione del Covid-19;
c) abbiano registrato una riduzione dell’ammontare dei ricavi nell’esercizio 2020 rispetto al valore dei ricavi relativo all’esercizio 2019;
d) risultino iscritte all’assicurazione generale obbligatoria o alle forme esclusive e sostitutive della medesima oppure alla gestione separata INPS;
e) non siano destinatarie di sanzioni interdittive illeciti amministrativi dipendenti da reato e non sussistano nei loro confronti le cause di divieto, decadenza o sospensione della disciplina antimafia;
f) non si trovino in stato di liquidazione né siano soggetti a procedure concorsuali con finalità liquidatoria.
Non possono, in ogni caso, essere ammessi al contributo i soggetti che, alla data del 31 dicembre 2019, si trovavano in condizioni tali da risultare impresa in difficoltà, fatta eccezione per le microimprese e le piccole imprese, che possono accedere al contributo anche se già in difficoltà alla predetta data del 31 dicembre 2019, ferma restando, in ogni caso, la condizione prevista alla lettera f), e purché le imprese non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione.

DETERMINAZIONE E MISURA DEL CONTRIBUTO STRAORDINARIO

Il contributo straordinario è concesso in conto esercizio, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili (3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, fino al 20 per cento della riduzione dell’ammontare dei ricavi registrata nell’esercizio 2020 rispetto al valore dei ricavi relativo all’esercizio 2019; in ogni caso è riconosciuto nei limiti della disciplina in materia di aiuti «de minimis».
Qualora l’importo complessivo delle agevolazioni concedibili ai soggetti richiedenti sia superiore all’ammontare della dotazione finanziaria, le risorse disponibili sono ripartite in proporzione all’importo dell’agevolazione spettante a ciascun soggetto richiedente. Tutti i soggetti ammissibili alle agevolazioni concorrono al riparto, senza alcuna priorità connessa al momento della presentazione della domanda.

MODALITÀ DI ACCESSO AL CONTRIBUTO STRAORDINARIO

Ai fini dell’accesso al contributo straordinario, deve essere presentata apposita istanza al Ministero della Transizione Ecologica, esclusivamente tramite la procedura informatica gestita dal soggetto attuatore (Invitalia Spa).
I termini, le modalità di presentazione della domanda e l’eventuale documentazione da allegare saranno definiti con successivo provvedimento.
La presentazione dell’istanza deve essere sottoscritta dal rappresentante legale del soggetto proponente, così come risultante dal certificato camerale del medesimo, ovvero ad altro soggetto delegato al quale sia stato conferito potere di rappresentanza per la compilazione.

EROGAZIONE DEL CONTRIBUTO STRAORDINARIO

Al termine della fase istruttoria, per le domande accolte, il contributo è erogato dal Ministero, previa verifica della vigenza della regolarità contributiva del soggetto beneficiario, tramite l’acquisizione d’ufficio del DURC, e dell’assenza di inadempimenti relativi all’obbligo di versamento di somme iscritte a ruolo derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento.

REVOCA DEL CONTRIBUTO STRAORDINARIO

Il contributo concesso è revocato, ferme restando le disposizioni vigenti per le responsabilità penali per le dichiarazioni mendaci, in misura totale o parziale, qualora:
a) sia accertato il mancato possesso di uno o più requisiti di ammissibilità, ovvero risulti irregolare la documentazione prodotta per fatti comunque imputabili al soggetto beneficiario e non sanabili;
b) risultino false o non conformi le dichiarazioni rese e sottoscritte dal soggetto beneficiario nell’ambito del procedimento;
c) il soggetto beneficiario non adempia agli obblighi informativi;
d) il soggetto beneficiario non consenta le attività di controllo;
e) sia riscontrato il superamento dei limiti di cumulo delle agevolazioni.
Al ricorrere dei suddetti casi il Ministero dispone la revoca, totale o parziale, del contributo e procede al recupero, anche con l’iscrizione a ruolo, fatte salve le ulteriori sanzioni previste dalla normativa vigente.

OBBLIGHI DI TRASPARENZA

Il contributo straordinario è soggetto agli obblighi di pubblicazione nella nota integrativa del bilancio oppure, ove non tenuti alla redazione della nota integrativa, sul proprio sito Internet o, in mancanza, sul portale digitale delle associazioni di categoria di appartenenza.

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Iva indetraibile se addebitata erroneamente

9 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

L’erronea liquidazione in fattura dell’Iva non legittima l’operatore che abbia assolto l’operazione di rivalsa a portare in detrazione l’imposta o chiedere il rimborso dell’eccedenza (Corte di Cassazione – ordinanza 10 febbraio 2022, n. 4301).

La Corte di cassazione in tema di IVA, ha stabilito che ai sensi dell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi afferenti al successivo compimento di operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta, atteso che, in base alla normativa citata, ai fini della detrazione non è sufficiente che le operazioni attengano all’oggetto dell’impresa (principio di inerenza), essendo necessario un quid pluris, cioè che esse siano, a loro volta, assoggettabili all’IVA; con l’ulteriore corollario che l’esercizio esclusivo di operazioni “esenti” da parte di un imprenditore comporta la totale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti, in quanto, a sensi dell’art. 19, co. 3, D.P.R. n. 633/1972, la riduzione proporzionale della detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti (c.d. “pro-rata”) non è limitata all’ipotesi in cui l’impresa compia congiuntamente operazioni esenti e non esenti, ma è applicabile (in tal caso la riduzione della detrazione operando al 100%) anche quando l’impresa compia esclusivamente operazioni esenti.
Questo indirizzo consolidato ha dunque da sempre negato, sulla scorta dei principi affermati dalla Corte di Giustizia, la sussistenza di una piena simmetria tra obbligo del pagamento dell’imposta per il fatto che la stessa sia stata addebitata in fattura e diritto alla detrazione limitando quest’ultimo alle sole imposte dovute.
La circostanza dell’avvenuta fatturazione non è idonea a trasformare una operazione non soggetta al tributo in una operazione Iva e questo per l’esigenza di rispettare i caratteri essenziali del meccanismo operativo di tale imposta innanzitutto la sua neutralità.
Non può quindi dubitarsi della conformità al diritto comunitario dell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972 laddove nega il diritto alla detrazione dell’IVA assolta per l’acquisto di beni afferenti operazioni esenti.
Infatti, anche l’indetraibilità dell’IVA su operazioni esenti, oltre che sugli acquisti di beni o di servizi ad esse destinati, è conforme al diritto comunitario, ed in particolare alla previsione di cui all’art. 17 della 6 Direttiva n. 388/77, avendo la stessa Corte di Giustizia affermato che, ai sensi della disposizione suindicata, il diritto alla detrazione dell’IVA riguarda soltanto i beni ed i servizi che vengono utilizzati ai fini delle operazioni del soggetto passivo assoggettate ad imposizione, dal momento che il sistema comune dell’IVA persegue l’obbiettivo della perfetta neutralità fiscale di tutte le attività economiche, quali che siano le loro finalità o i loro risultati, alla sola condizione che esse siano assoggettate, in linea di principio, all’imposizione ai fini IVA.

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Fisco: sovvenzione da un ente pubblico spagnolo per una ristrutturazione condominiale

9 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Forniti chiarimenti sul trattamento fiscale applicabile al contributo pubblico erogato in Spagna ad un soggetto fiscalmente residente in Italia per la ristrutturazione delle parti comuni dell’edificio condominiale in cui si trova il suo appartamento (Agenzia delle entrate – Risposta 09 marzo 2022, n. 99).

Per poter valutare il regime tributario da applicare ad un reddito di fonte estera è necessario qualificare il reddito secondo la normativa interna e, successivamente, esaminare le disposizioni convenzionali contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia (Stato di residenza del percettore) e lo stato della fonte del reddito (nel caso di specie, la Spagna).
In base alla disciplina domestica, ai sensi dell’articolo 1 del TUIR, costituisce presupposto di tassazione il “possesso di redditi”, in denaro o in natura, rientranti nelle seguenti categorie tassativamente indicate nel successivo articolo 6 ai sensi del quale « I singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie: a) redditi fondiari; b) redditi di capitale; c) redditi di lavoro dipendente; d) redditi di lavoro autonomo; e) redditi d’impresa; f) redditi diversi.».
Pertanto, in linea di principio, qualora si verifichi un arricchimento del contribuente non inquadrabile in una delle predette categorie reddituali, detto arricchimento non è assoggettabile ad imposizione diretta.
Nel caso di specie, il contribuente, residente in Italia e proprietario in Spagna un appartamento, beneficia di un contributo – a parziale copertura delle spese che saranno sostenute per la realizzazione di lavori di ristrutturazione sulle parti comuni dell’edificio condominiale di cui fa parte il suo appartamento – erogato da un ente pubblico spagnolo, il cui scopo è lo sviluppo nel territorio comunale delle funzioni, attività e servizi nel campo degli alloggi a prezzi accessibili.
In particolare, secondo il bando emesso dall’ente pubblico sono concesse sovvenzioni per il ripristino di elementi comuni e il miglioramento dell’abitabilità degli edifici ad uso residenziale, rivolto principalmente ” alle comunità di proprietari e proprietà con membri in situazioni vulnerabili”. Come riportato nel bando, l’obiettivo generale è quello ” di promuovere la riabilitazione del patrimonio edilizio esistente (…) stabilire un sistema di sussidi e aiuti che consenta alle comunità di proprietari e proprietà con membri in situazioni vulnerabili di effettuare l’adattamento e opere di riabilitazione negli edifici in cui risiedono”.
Il bando stabilisce, altresì, le ” condizioni particolari e le specifiche tecniche, gli importi delle agevolazioni e la documentazione da presentare per beneficiare” della sovvenzione.
Nella documentazione integrativa trasmessa, l’Istante precisa sul punto che, in base al bando pubblico, la misura del beneficio può variare a seconda che il proprietario o l’eventuale inquilino risulti in condizione di vulnerabilità; il contributo, inoltre, sarà erogato dall’ente pubblico mediante ” rate straordinarie in relazione all’avanzamento dei lavori” nonché a lavori ultimati e al momento della verifica della sussistenza dei requisiti individuati nel medesimo bando.
Sulla base di quanto rappresentato, l’Agenzia ritiene che tale contributo, corrisposto per finalità generali perseguite dall’ente erogatore, in relazione alle spese sostenute per la realizzazione di lavori di ristrutturazione sulle parti comuni di edifici condominiali non sia riconducibile né tra i redditi di lavoro dipendente o assimilati di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR (posto che tra l’ente erogatore e il beneficiario non sussiste alcun rapporto di lavoro), né in alcuna delle altre categorie reddituali individuate dal citato articolo 6 del medesimo Testo Unico e, pertanto, non concorra alla formazione della base imponibile del beneficiario.

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Elenco permanente delle ONLUS accreditate per il 2022

9 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

L’elenco permanente pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate ricomprende esclusivamente le ONLUS, iscritte alla relativa Anagrafe, accreditate al contributo per il 2022.

Per l’anno finanziario 2022, le ONLUS iscritte all’Anagrafe delle ONLUS continuano ad essere destinatarie della quota del 5 per mille dell’Irpef, con le modalità previste per gli enti del volontariato. Per tale tipologia di enti resta ferma la competenza all’Agenzia delle entrate ai fini dell’accreditamento, della verifica dei requisiti di accesso e della pubblicazione dei relativi elenchi.
In particolare, nel presente elenco permanente sono comprese le ONLUS già inserite nell’elenco permanente del 2021 e le ONLUS regolarmente iscritte nell’anno 2021 in presenza dei requisiti previsti dalla norma. Sono state, inoltre, apportate le modifiche conseguenti alle verifiche effettuate e alle revoche dell’iscrizione trasmesse dalle stesse ONLUS.
Le ONLUS che sono presenti nell’elenco permanente 2022non sono tenute a ripetere la procedura di iscrizione al 5 per mille.
Il rappresentante legale dell’ente presente nell’elenco permanente comunica alla Direzione regionale competente le variazioni dei requisiti per l’accesso al beneficio, nei successivi trenta giorni. In caso di sopravvenuta perdita dei requisiti da parte dell’ente, il rappresentante legale, entro i successivi trenta giorni, sottoscrive e trasmette la richiesta di cancellazione dall’elenco permanente.
Rispetto all’elenco permanente degli enti iscritti al contributo pubblicato dall’Agenzia delle entrate nel 2021, nel presente elenco sono ricomprese solo le ONLUS. Il contributo del 5 per mille, infatti, spetta a decorrere dall’anno successivo a quello di operatività del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (e dunque dal 2022), agli Enti del Terzo Settore iscritti nel predetto Registro gestito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Gli elenchi permanenti degli enti della ricerca scientifica e dell’Università, della ricerca sanitaria e delle associazioni sportive dilettantistiche sono pubblicati sul sito webdi ciascuna amministrazione competente (Ministero dell’Università e della Ricerca, Ministero della Salute e Comitato olimpico nazionale italiano).

 

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Agevolazioni “prima casa” su immobili in costruzione

9 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

In caso di immobile in costruzione acquistato usufruendo delle agevolazioni “prima casa”, i lavori di costruzione devono essere ultimati entro il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto di compravendita. Il mancato rispetto del termine comporta la revoca dei benefici. (Corte di Cassazione – Sentenza 17 febbraio 2022, n. 5180).

La controversia riguarda la revoca delle agevolazioni “prima casa” in relazione all’acquisto di un immobile in costruzione, in seguito al parziale accatastamento con sdoppiamento in due unità immobiliari di cui una ad uso abitativo e l’altra risultante ancora in costruzione.
I giudici tributari hanno accolto il ricorso del contribuente, affermando l’illegittimità della pretesa tributaria in ragione del fatto che tutto l’immobile costituiva un’unica abitazione e lo “sdoppiamento” catastale, avvenuto successivamente all’acquisto, aveva natura “tecnica” e non sostanziale.
La decisione è stata riformata dalla Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha eccepito la legittimità della revoca dei benefici “prima casa” in considerazione della mancata ultimazione dei lavori entro il termine di decadenza imposto all’Amministrazione per i dovuti controlli sul rispetto dei requisiti di spettanza (tre anni dalla registrazione dell’atto di compravendita).

La Corte Suprema ha affermato che non vi è dubbio che i cd. benefici “prima casa” debbano essere riconosciuti anche nel caso di immobili in corso di costruzione; la norma agevolativa intende promuovere e favorire l’acquisto della casa da adibire a prima abitazione, sicché è sufficiente che ad una simile finalità tenda l’acquirente con l’atto di trasferimento, purché l’immobile acquistato sia idoneo ad essere utilizzato come alloggio e presenti le caratteristiche delle abitazioni non di lusso. Da ciò consegue che richiedere la presenza degli elementi “distintivi” già al momento della cessione dell’immobile, finirebbe per escludere dalla procedura agevolativa proprio l’acquisto di appartamenti di nuova abitazione che di solito avviene prima che la costruzione sia ultimata.
Oltre a ciò rileva la stessa natura giuridica dell’imposta di registro che, in quanto imposta d’atto, va applicata mediante una valutazione della clausole negoziali, quali si desumono dal documento sottoposto registrazione; di talché, se nell’atto il contribuente dichiara di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel Comune di residenza, di voler adibire l’immobile acquistato a propria abitazione e che si tratta di fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione non di lusso, l’agevolazione deve essere riconosciuta, in quanto ciò che la legge chiede è che oggetto del trasferimento sia un fabbricato destinato ad abitazione, cioè che sia strutturalmente adeguato ad essere destinato all’uso e non occorre che esso sia già idoneo al momento dell’acquisto.
Sulla base di tali principi, dunque, si è affermato in giurisprudenza l’orientamento che riconosce i benefici della “prima casa” all’acquirente di immobile “in corso di costruzione” da destinare ad abitazione “non di lusso”.
Considerato che la norma agevolativa non prevede un termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile, deve ritenersi applicabile il principio generale secondo il quale, quando la legge non ha fissato in modo specifico un termine entro il quale si deve verificare una condizione dalla quale dipenda la concessione di un beneficio, tale termine non potrà essere mai più ampio di quello previsto per i controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso.
Pertanto, nel caso di agevolazioni “prima casa” fruite per un immobile in costruzione, il contribuente deve realizzare la finalità dichiarata di destinare a “prima casa” l’immobile acquistato entro tre anni dalla richiesta di registrazione dell’atto di compravendita; ne consegue che entro detto termine devono essere ultimati i lavori, pena la revoca dei benefici.
Una diversa interpretazione che posticipi i controlli alla data di ultimazione dei lavori, comporterebbe un differimento sine die dell’attività di verifica, privandola di significato.
Nel caso di specie, il contribuente ha provveduto entro il termine triennale ad attribuire a parte dell’immobile la categoria A/2, e ad altra parte la categoria F/3 (fabbricati in corso di costruzione) avente carattere provvisorio, legittimando la revoca dell’agevolazione, in considerazione della mancata realizzazione della finalità dichiarata nell’atto di acquisto.

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Prodotti panetteria ordinaria: aliquota IVA agevolata

8 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Forniti ulteriori chiarimenti sull’aliquota IVA agevolata applicabile alle erbe aromatiche e spezie di uso comune (Agenzia delle entrate – Risposta 08 marzo 2022, n. 98).

Per quanto concerne l’aliquota IVA applicabile ai prodotti erbe aromatiche e spezie di uso comune, alla luce della classificazione effettuata da ADM e della norma di interpretazione autentica della Legge di Bilancio 2019, L’Agenzia ritiene che gli stessi rientrino nell’ambito del n. 15) della Tabella A, parte II, allegata al Decreto IVA, con conseguente applicazione dell’IVA nella misura del 4 per cento.
Per quanto riguarda l’espressione “erbe aromatiche e spezie di uso comune”, l’Agenzia conferma che la stessa non fa riferimento a un elenco tassativo ben definito. Non può dunque che essere intesa come espressione atecnica, finalizzata a comprendere tutte quelle comunemente usate nell’alimentazione nel periodo storico di riferimento.
Per quanto riguarda le spezie, infine, si può fare riferimento al capitolo 9 della Nomenclatura combinata, tra cui rientrano tra gli altri, ad esempio, anche zenzero, zafferano, curcuma, coriandolo, che oggi possono essere considerati di uso comune.

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Servizi di demolizione nave: non imponibilità

8 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Solo in presenza di tutti i requisiti sia sostanziali che procedurali è possibile emettere fattura in regime di non imponibilità (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 08 marzo 2022, n. 97)

Nella fattispecie esaminata dal Fisco  una srl in qualità di prestatore di servizi relativi alla demolizione delle navi di cui alla lett. a) del 1° comma dell’art. 8 bis del Decreto IVA riferisce di avere ricevuto incarico da una S.p.a. di effettuare lavorazioni connesse alla demolizione su una nave soggetta a sequestro da svariati anni che conseguentemente non ha effettuato nell’anno precedente alcun viaggio in alto mare.
Pertanto la S.p.a. non ha inviato telematicamente alcuna dichiarazione di alto mare di cui al comma 3, dell’articolo 8-bis del Decreto IVA, in quanto trattasi di nave destinata alla demolizione.
La demolizione è stata portata a termine dalla S.p.a.
A riguardo la srl chiede di sapere se possa fatturare l’operazione in regime di non imponibilità IVA ex articolo 8-bis del Decreto IVA.
Per l’Amministrazione finanziaria la Srl sembra essere un “fornitore indiretto” avendo ricevuto l’incarico di effettuate alcune lavorazioni dalla S.p.a.
In proposito, pertanto, ha precisato che il fornitore diretto deve trasmettere/comunicare gli estremi del protocollo della dichiarazione, rilasciato dall’Agenzia delle entrate, ai propri cedenti e prestatori (i. e. fornitori indiretti) che abbiano titolo ad applicare il regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis. Infatti, ciascun fornitore, diretto o indiretto, è tenuto ad indicare il protocollo della dichiarazione rilasciato dall’Agenzia delle entrate nelle fatture emesse.
In conclusione solo in presenza di tutti i requisiti  sia sostanziali che procedurali, sarà possibile emettere fattura in regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis.

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Crediti ceduti pro solvendo: deducibilità accantonamento al fondo svalutazione

8 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

In caso di cessione di crediti pro solvendo, la quota di accantonamento al fondo rischi riferita a tali crediti deve ritenersi deducibile se, e nella misura in cui, essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente (Corte di Cassazione – Sentenza 03 marzo 2022, n. 7112).

Nell’ambito di una controversia riguardante il recupero a tassazione IRES della quota di accantonamento del fondo svalutazione crediti, ritenuta indeducibile, per la parte relativa ai crediti ceduti pro solvendo dalla contribuente, la Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità della pretesa tributaria decisa dai giudici tributari, sulla base dei seguenti principi:
in tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, gli accantonamenti iscritti nel fondo di copertura di rischi su crediti devono ritenersi deducibili anche nell’ipotesi in cui il credito sia stato oggetto di cessione “pro solvendo”, come accade nello sconto bancario di titoli rappresentativi di crediti: se è vero, infatti, che in tal caso il cedente non è più titolare del credito, è altrettanto vero, però, che il trasferimento dello stesso in favore del cessionario è risolutivamente condizionato all’inadempimento del debitore ceduto, il quale comporta la retrocessione del credito, nessun rilievo, in proposito, assume il carattere solo eventuale della retrocessione, bastando il relativo rischio a dar rilevanza al momento economico dell’operazione, in ossequio alla “ratio” della norma che esclude la deducibilità per i soli crediti coperti da garanzia assicurativa, in quanto assicurati contro il rischio dell’insolvenza, e non anche per quelli per i quali tale rischio rimane a carico esclusivo del cedente.
La deduzione degli accantonamenti iscritti nel fondo rischi su crediti, dunque, si applica ai crediti ceduti “pro solvendo” se, e nella misura in cui, essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente.

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Agevolazione prima casa: in caso di decadenza non può essere fruita nuovamente

8 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Non può richiedere una nuova agevolazione prima casa il contribuente che precedentemente ha già fruito dell’agevolazione poi decaduta per mancato trasferimento della residenza (Corte di cassazione – ordinanza 04 marzo 2022, n. 7198).

Cosi si è espressa la Corte di Cassazione disconoscendo una nuova riduzione fiscale nei confronti di un contribuente decaduto dall’agevolazione prima casa, goduta con un precedente atto, non avendo mai trasferito la residenza presso l’immobile precedentemente acquistato.
La nota II bis, dell’art. 1 della Tariffa , Parte I allegata al D.P.R. n. 131/1986 che disciplina il regime delle agevolazione prima casa stabilisce: “Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 4 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o consuntivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’ambientazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:…. c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo…”.
Dalla lettura di tale norma si evince, quindi, che requisito soggettivo per ottenere il beneficio della riduzione dell’imposta è quello di non avere usufruito di una precedente agevolazione.
Nel caso di specie è pacifico che il ricorrente si è avvalso del beneficio fiscale della prima casa con l’atto di acquisto del 2014 dopo che con precedente atto negoziale del 2003 aveva usufruito di identica agevolazione.
A nulla rileva, ai fini del rilevamento dell’impedimento ad ottenere un nuovo beneficio, la circostanza che il contribuente non sia mai andato ad abitare presso l’immobile acquistato nel 2003 ponendo in essere i presupposti per la decadenza dell’agevolazione.
Non risulta, infatti, né una formale rinuncia al beneficio fiscale da parte del contribuente, che non ha mai provveduto a versare l’imposta nella sua interezza, né l’esperimento da parte dell’Ufficio dell’azione accertatrice della decadenza del beneficio, ormai non più possibile stante il rilevante lasso di tempo trascorso dalla prima agevolazione i risalente al 2003, e del recupero della differenza del tributo.

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Visto di conformità: meno vincoli per il rilascio da parte dei soci delle STP

7 Marzo 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

I soci delle Società tra professionisti esercenti attività di assistenza fiscale possono rilasciare il visto di conformità anche quando la maggioranza del capitale sociale non è detenuta da professionisti iscritti agli albi purché sia disposto che i soci certificatori detengano il controllo dei diritti di voto della società (Agenzia Entrate – risoluzione 04 marzo 2022, n. 10).

In un precedente documento di prassi del 2016 l’Agenzia delle Entrate ha avuto già modo di chiarire le condizione che devono essere rispettate affinchè il professionista socio di una società tra professionisti, abilitata alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, possa apporre il visto di conformità (art. 35, D.Lgs. n. 241/1997), utilizzando la partita IVA della società tra professionisti. Nel documento fu evidenziato che il presidio della qualificazione professionale e della fede pubblica appare rafforzato nella società tra professionisti rispetto alla società commerciale di servizi contabili, posto che i soci della prima sono unicamente professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi (soci non professionisti sono ammessi solo per prestazioni diverse da quelle professionali), il cui numero e la cui partecipazione al capitale sociale devono essere tali da determinare, in ogni caso, la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Tale principio è in linea con quanto disposto dall’art. 10, co. 4, lett. b), L. n. 183/2011, secondo cui il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Sull’argomento, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha chiarito come, al fine di consentire ai professionisti di cogliere appieno le opportunità offerte dalla normativa in materia di STP e le relative spinte pro concorrenziali, vada privilegiata l’interpretazione della norma, secondo la quale i due requisiti della maggioranza dei due terzi “per teste” e “per quote di capitale” di cui all’art. 10, co. 4, lett. b), L. n. 183/2011 non vengano considerati cumulativi.
Al riguardo, la necessità di limitare la capacità decisionale dei soci non professionisti, così da evitare che questi ultimi possano influire sulle scelte strategiche della STP e sullo svolgimento delle prestazioni professionali può essere assicurata ricorrendo ai diversi strumenti previsti dal codice civile che consentono di limitare o espandere i diritti e i poteri attributi ai soci in relazione al tipo di società scelta e alla relativa governance.
Infatti, le STP non costituiscono una tipologia societaria autonoma, ma possono assumere una delle forme societarie previste dal codice civile e sono quindi soggette alla disciplina legale del modello prescelto.
Invero, a seconda del modello societario adottato, possono essere adottati dei patti parasociali o delle clausole statutarie che garantiscano ai soci professionisti di esercitare il controllo della società, anche nella situazione in cui, nella compagine societaria, essi siano in numero inferiore ai due terzi e/o detengano quote di capitale sociale inferiore ai due terzi.
Con l’atto di segnalazione al Governo e al Parlamento, il Garante ha auspicato un intervento sul testo dell’art. 10, co. 4, lett. b), L. n. 183/2011 in relazione ai requisiti ivi indicati, al fine di renderne più chiara la formulazione, assicurando così una sua applicazione uniforme da parte di tutti gli Consigli e/o Federazioni di Ordini professionali, che tenga conto dello spirito della norma e dei consolidati principi concorrenziali a cui la stessa è ispirata.

Pertanto, in attesa dell’intervento normativo si richiama il pronto ordini del CNDCEC n. 132 del 22 novembre 2021 per approfondire la costituzione di una STP nella forma di società semplice con la maggioranza della partecipazione al capitale sociale attribuita ai soci non professionisti.

È plausibile consentire l’inserimento nell’elenco dei soggetti abilitati al visto di conformità anche ai professionisti soci di STP che risultano validamente costituite ed iscritte nel registro delle imprese e nel relativo ordine professionale, ciò anche quando la maggioranza del capitale sociale non è detenuta da professionisti iscritti nei relativi albi, purché tali soci detengano il controllo dei diritti di voto della STP garantito attraverso l’adozione di patti parasociali o clausole statutarie e cioè possano esprimere la maggioranza dei 2/3 nell’assunzione delle decisioni societarie.

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